Algeria

I Fenici furono i primi a comprendere il grande valore del patrimonio minerario nel territorio algerino: Cartagine non sarebbe mai diventata un paese potente, abbastanza forte da affrontare il potere romano, senza le enormi risorse umane, economiche e materiali dell'Algeria.

Tracce di sfruttamento di una delle più ricche miniere di rame dell’Algeria antica, sicuramente conosciute in epoca punica, sono state individuate a Bou Khandek, nella regione di Cartenna (l’attuale Ténès), che secondo S. Gsell (1981, p. 212) corrisponde alla Kalkorukeia che Strabone pone nel paese dei Massesili (Posidonio fonte di Stradone, XVII, 3, 11). Il toponimo Cartenna potrebbe essere di origine libico-berbera e la città, probabilmente la Kalca del Periplo di Scilace (110-111) e la Kalkeia di Polibio (XII, 5), posta su un altopiano roccioso che domina a ovest l’imboccatura dell'Oued Allah, doveva essere il mercato e il porto di stoccaggio del minerale che arrivava dal bacino minerario posto a nord-est, sud e sud-est del centro. Non si hanno testimonianze archeologiche dell’insediamento punico,  a eccezione di tombe a camera e a fossa scavate nella roccia, che tuttavia sembrano aver restituito materiale tardo. Ancora Poseidonio (XVII, 3,11), ricorda che nel paese dei Massesili, probabilmente ancora nell’area di Ténès, si localizzava una fonte di asfalto.

Giacimenti di piombo, zinco, ferro e rame coltivati in epoca antica sono stati individuati nella regione di Hippo Regius (Annaba), a Kef Oum Téboul; miniere di piombo, rame nella Bassa Kabilia tra l’antica Igilgili (Jijel) e Saldae (Béjaïa), nella regione di Setif e nei monti dell’Houdna; di ferro (magnetite ed ematite) nel massiccio dell’Edough (Mokta el-Hadid) e nella zona di Chullu (Collo).

L’argento e l’oro venivano recuperati principalmente come sottoprodotti del piombo e del rame soprattutto nei giacimenti nell’area di Cavallo, dove sono stati individuati pozzi di sfruttamento per il rame, e a Kef Oum Téboul. Nell’area di Azzaba a Skikda e a Mra Sma è stata rilevata la presenza di mercurio, mentre antimonio è stato trovato a Tiddis, Ain Kerma (El-Teref) e nel Djebel Taya a Bouhamdane (Guelma). Questi due minerali, ai quali era riconosciuto un valore magico, oltre ad avere un utilizzo cosmetico e antibatterico, erano molto importanti nella preparazione delle leghe in quanto, al pari dell’arsenico, abbassano il punto di fusione del rame facilitandone la lavorazione.

Il vero e proprio processo di trasformazione in metallo, con forni fusori che producevano una grande quantità di scorie, poteva essere dislocato anche in aree diverse da quelle di estrazione, ma comunque marginali rispetto ai centri urbani e poco caratterizzate dal punto di vista archeologico e urbanistico. Le botteghe erano poste negli abitati e documentano in genere una modesta e polifunzionale attività fusoria, entro la quale risulta difficile distinguere le diverse produzioni metalliche.

In Algeria non si hanno testimonianze archeologiche riferibili a botteghe di epoca punica, ma in una stele del tofet di El-Hofra a Costantina è attestato un fabbro, in punico nsk, dalla radice nsk  ‘fondere’. Nella documentazione epigrafica cartaginese si registra anche la specifica di fonditori d’oro, di ferro, di bronzo, di metallo fuso. Scarse e databili, come le iscrizioni, in un arco temporale tra il III e il II sec. a.C., sono anche le attestazioni iconografiche: strumenti come tenaglie, martelli, mantici sono raffigurati solo su due stele del tofet di Cartagine.

E’ difficile dire se gli oggetti in metallo rinvenuti nei contesti punici algerini siano di produzione locale. Con ogni probabilità lo sono le armi in ferro provenienti da Rachgoun e Bethioua e quelle conservate nei Musei di Annaba e Costantina. Gli amuleti in bronzo conservati a Orano di tradizione egittizzante sono probabilmente di importazione, mentre di possibile fattura locale è l’amuleto femminile del Museo di Costantina.

La produzione certamente attribuibile a maestranze locali è quella monetale, che  a partire dalla fine del III sec. a.C. si sviluppa in molte città della costa dell’entroterra algerino e nei regni di Numidia e Mauretania. Di notevole interesse è la convergente ipotesi sulla provenienza nordafricana del metallo utilizzato, che trova riscontro nei frequenti ritrovamenti nell’area tra Tabraca (oggi Tabarka, in Tunisia) e Rusaddir (l’attuale Melilla, enclave spagnola in territorio marocchino) di monete in piombo o piombo ricoperto di bronzo, risalenti al regno di Massinissa o Micipsa (fine III- seconda metà II sec. a..C.) e circolanti in concomitanza con le serie in bronzo numidiche e cartaginesi.  Da Icosium (Algeri), provengono ben centocinquantaquattro monete in piombo risalenti al II sec. a.C. di zecca locale associate a monete numide. L’esiguo numero di esemplari sottoposti ad analisi microchimiche ha indicato quantità variabili di rame e piombo e, in generale, un piombo meno puro nelle emissioni numidiche rispetto a quelle di Icosium. Il fenomeno è stato interpretato come dovuto all’incapacità dei sovrani numidi di far fronte all’improvvisa necessità monetaria all’indomani della caduta di Cartagine. Tuttavia, le analisi eseguite sulle monete annibaliche di zecca africana sembrano evidenziare che l’aggiunta progressiva di piombo andava consolidandosi già in epoca punica, in accordo con il graduale passaggio dalla lega binaria rame e stagno a quella ternaria rame, piombo e stagno, che si registra in tutto il Mediterraneo occidentale in epoca ellenistica e durante il periodo romano repubblicano.